Pacca sulla spalla e incoraggiamento: «Bravo, andate avanti così». Per ora l’intervento di Donald Trump nel conflitto tra Israele e Iran sembra semplificarsi a quello del padre a bordo campo di una partita di softball tra le squadre della scuola. Un allenatore in seconda che cerca di confondere gli avversari: «Potrei bombardare l’Iran, potrei non bombardarlo, nessuno sa quale mossa deciderò. Perché non avete negoziato con me prima di tutta questa morte e distruzione?». E ancora: «Il regime di Teheran può cadere. Sull’attacco non ho ancora deciso». Se prepara una palla curva da lanciare con i bombardieri B-2, la sta nascondendo agli iraniani e sembra lasciare nell’incertezza anche Benjamin Netanyahu: ai consiglieri avrebbe detto di aver approvato i piani d’attacco, ma vuole ancora vedere se Teheran è disposta a negoziare. In un proclama registrato alla nazione, il premier israeliano esalta l’operazione «Leone che sorge»: «Controlliamo i cieli di Teheran, stiamo bersagliando il programma nucleare e le basi militari. Ringrazio Trump».
ISRAELE - IRAN, LA GUERRA IN DIRETTA
Il primo ministro israeliano ha costruito l’offensiva contro il regime islamico, iniziata nella notte tra giovedì e venerdì, sull’ipotesi — la speranza — che l’amico Donald sarebbe intervenuto nel conflitto. Senza il supporto dei bombardieri americani, l’aviazione di Tsahal non può smantellare il centro nucleare di Fordow, il più importante e il più protetto, incastonato in una montagna.
Bibi ha venduto agli israeliani due versioni possibili di «vittoria»: la prima — quella prevista negli obiettivi dello stato maggiore — prevede di rallentare, disabilitare il programma atomico degli ayatollah, anche se il direttore dell’Aiea Rafael Grossi fa marcia indietro: «Abbiamo concluso che non possiamo affermare che in questo momento ci sia uno sforzo sistematico in Iran per fabbricare un’arma nucleare». La seconda vagheggia un cambio di regime, Bibi ha incitato gli iraniani a ribellarsi, nelle ultime ore ha però lasciato la propaganda del piano ambizioso alle parole mai troppo meditate ma immediate per i social media di Israel Katz, il ministro della Difesa: «Stiamo alzando un tornado attorno a Teheran. I simboli del potere stanno crollando».
APPROFONDISCI CON IL PODCAST
La pressione su Trump unisce la coalizione di estrema destra al potere e l’opposizione: «Sono sicuro che il presidente prenderà la decisione migliore per gli Stati Uniti. Ma sappia che ai leader internazionali ripeto: dovrebbe unirsi alle nostre operazioni militari», incita Yair Lapid, il capo dell’opposizione. La campagna per arruolare il Pentagono coin